messaggio al Paese sull’emergenza coronavirus.
Triplice messaggio al Paese sull’emergenza coronavirus. Mattarella chiede ai cittadini pazienza e rispetto delle regole. Alle istituzioni serietà nella gestione dell’emergenza. Alla politica unità di intenti e la fine della guerra civile permanente
Con un tono ancora più sobrio di quello che lo caratterizza abitualmente, Sergio Mattarella certifica la necessità di un cambio di passo della politica italiana in 3 minuti e 31 secondi. Lunghezza che ricorda il discorso di Abraham Lincoln a Gettysburg, quello con cui ratificò la fine della guerra civile. Nell’uscita del presidente c’è tutto il senso di una situazione impegnativa che potrebbe, nelle prossime settimane, diventare ancora più impegnativa.
Si chiude una fase, se ne apre un’altra. Che, questo l’auspicio, deve essere caratterizzata da un grande senso di serietà, di disciplina nella gestione politica dell’emergenza, di collaborazione istituzionale. Non stupisce che Mattarella abbia scelto proprio la giornata di oggi per un discorso al paese, asciutto e razionale, in cui invita tutti ad “evitare stati d’ansia immotivati e controproducenti” e ad “avere fiducia nell’Italia”. Il bollettino quotidiano racconta di un numero di contagi triplicato rispetto sabato scorso, di un aumento di decessi, in un quadro in cui le misure “contenimento”, necessarie e sacrosante, danno il senso di un’emergenza senza precedenti nella storia recente. Anche l’attività politica è paralizzata con il Parlamento che si riunisce una volta la settimana, sempre per motivi di prevenzione, e il referendum costituzionale rimandato sine die.
In questo contesto è evidente che il capo dello Stato non poteva più attendere. Se qualche settimana fa un discorso del genere avrebbe corso il rischio di sembrare allarmistico, oggi la situazione di oggettiva emergenza impone una riflessione e una spiegazione al paese della necessità delle misure eccezionali, fuori dalla polemica politica. Anche per mettere un po’ d’ordine nella grande confusione degli ultimi giorni, fatta di sovrapposizione dei piani decisionali, messaggi non univoci, protagonismi dei singoli e iniziative personali.
In sintesi, Mattarella ha detto tre cose, in tre minuti.
Primo: al paese ha chiesto, senza enfasi, ma con grande fermezza, di comprendere e rispettare le misure drastiche, “suggerite da scienziati ed esperti di valori”, che comportano un cambiamento del proprio stile di vita perché contribuiscono a “superare l’emergenza”. Parole non casuali, perché collocano le misure in questione su un piano di oggettività scientifica, fuori da ogni interpretazione soggettiva o politica, e fuori dal teatrino andato in scena, con un ministro che le smentisce, il premier che si giustifica, gli esperti tirati in ballo a supporto di questa o quella tesi.
Secondo: l’onere delle decisioni spetta alla cabina di regia costituita dal Governo, in modo “univoco”, coordinando competenze e piani istituzionali: “Vanno, quindi, evitate iniziative particolari che si discostino dalle indicazioni assunte nella sede di coordinamento”. Non è forzato, in questo passaggio, leggere una richiesta di maturità e serietà a una classe politica chiamata a governare una fase difficile, il che non può consentire incertezze, protagonismi mediatici, incontinenze politiche e dichiaratorie. Non è un caso che abbia indicato il baricentro decisionale non nel Governo inteso in senso lato, ma nella cabina di regia dove ci sono scienziati ed esperti, sottolineando in tal modo la necessità di una sorta di “cessione di sovranità” della politica alla scienza, accettata senza esitazioni da una parte del Governo che ha molto spinto per varare le misure eccezionali, meno da altri.
Terzo: Mattarella parla alle opposizioni, perché “il momento richiede coinvolgimento, condivisione, concordia, unità di intenti nell’impegno”. L’unità nazionale, in questi casi, non è una formula politica per cambiare gli assetti di chi ha il Potere, ma una comune assunzione di responsabilità in cui, come si dice in questi casi, ognuno è chiamato a fare la propria parte, nel rispetto e nella distinzione dei ruoli. Si chiama interesse nazionale: il paese prima delle esigenze politiche di parte.
In fondo, anche questo messaggio ha l’obiettivo di chiudere una sorta di guerra civile permanente, a bassa intensità, nella consapevolezza che, in questa fase, l’unità non è un fatto retorico, ma sostanziale. Non si è mai visto un paese capace di fronteggiare un’emergenza, senza un grande afflato unitario, della politica e nella società. Un paese infetto, non può permettersi una politica “rotta”.
fonte: Uffpost