La Francia esorcizza il Coronavirus, ma c’è un altro virus nella politica francese

Il Louvre riapre dopo appena due giorni di chiusura a causa non di un provvedimento dell’autorità sanitaria, ma dell’applicazione di un articolo del Code du Travail che autorizza i dipendenti ad astenersi dal lavoro quando si scoprono in azienda condizioni di pericolo (la circolazione del Coronavirus), insomma per ragioni sindacali rientrate non appena la direzione ha fatto installare dispenser di gel disinfettanti e organizzato diversamente il flusso dei visitatori in modo da evitare assembramenti nelle sale.
Sempre al Louvre, nel cortile che ospita la famosa piramide di vetro, Louis Vuitton ha potuto concludere la Fashion Week, seppure accorciata di un giorno, facendo sfilare le modelle davanti a una autentica “parete umana” voluta dal direttore artistico Nicolas Ghesquière (in Italia ha lavorato per Trussardi) con duecento figuranti, uno accanto all’altro, vestiti con abiti dal XV secolo agli anni ’50 del secolo scorso.
Nel frattempo la Fiera del Libro è stata rinviata a giugno mentre un decreto del governo, appena approvato, vieta gli assembramenti con più di 5mila persone, forse un modo per scongiurare la ripresa degli scioperi contro la riforma delle pensioni (appena approvata con un colpo di forza all’Assemblea nazionale come si dirà più avanti) tant’è che il settimanale satirico Le Canard Enchaîné può ironizzare pubblicando una vignetta in cui si vede un Edouard Philippe che sollecita l’approvazione del provvedimento e i ministri che chiedono se il numero di 5mila vada riferito ai calcoli della Prefettura oppure a quelli dei sindacati (che è l’eterna diatriba contabile di ogni manifestazione sindacale).
E così arriviamo al punto: nella Francia che conta poche centinaia di infettati (meno di un decimo di quelli italiani) e tre “foyer”, tre zone rosse (due al nord, Oise e Morbihan e una al sud, Alta Savoia), che requisisce la produzione di mascherine per renderle disponibili soprattutto al personale sanitario; in questa Francia che ogni sera manda su tutte le reti tv il segretario generale del ministero della salute (Jérôme Salomon) e non il ministro (Olivier Veran, che è pure medico all’ospedale di Grenoble) a fare la quotidiana contabilità del contagio, che cosa fa più paura?
Il Coronavirus o l’applicazione della riforma previdenziale che, alla fine, costringerà a lavorare fino a 64-65 anni oppure taglierà (e non di poco se si vuole mantenere l’equilibrio finanziario del sistema che oggi pesa per 329 miliardi, 14 punti di pil) l’importo degli assegni pensionistici?
A leggere Le Figaro, è la seconda, la riforma pensionistica, a inquietare di più. Perché, come scrive in un editoriale in prima pagina col titolo significativo “E se parlassimo di cose serie”, dopo due anni di concertazione con le parti sociali, alla fine il governo è stato costretto a ricorrere al 49.3 per farla passare in prima lettura in Parlamento scatenando le proteste delle opposizioni e dei sindacati che hanno già proclamato uno sciopero per il 31 marzo prossimo (dieci giorni dopo le elezioni amministrative e anche questo è significativo: come se si volesse dare un altro colpo al partito di Macron che, certamente, non avrà brillato nelle consultazioni locali e fors’anche a Parigi dopo lo scandalo Griveaux, il candidato scoperto a inviare sextape dal telefonino).
Ma prima di proseguire, una spiegazione s’impone. Il 49.3 (dove il 3 indica il terzo capoverso) è quell’articolo della Costituzione francese del 1958 che autorizza il governo a bloccare l’ostruzionismo delle opposizioni (in questo caso, 41.888 emendamenti) congelando il dibattito e dando per approvato in prima lettura un disegno di legge contestato. Va detto che il 49.3, che non è la “clausola del canguro” come è stata impropriamente definita dai media italiani, non ha mai avuto buona accoglienza né in politica (l’opposizione, destra o sinistra, l’ha sempre definito “une déni de démocratie”) né in dottrina (i costituzionalisti l’hanno sempre considerato un mezzo estremo, da utilizzare con prudenza).
Ma non è questo il punto. La gravità dell’applicazione del 49.3, al netto delle inevitabili e reciproche accuse di arroganza sta nel fatto che la scelta del governo, in piena crisi Coronavirus (o forse proprio per questo, come dicono i più critici) rappresenta un’ulteriore frattura nel progetto politico macroniano.
Progetto che prevedeva sì, nel programma elettorale del 2017, la riforma del sistema pensionistico ma prevedeva di farlo attraverso il coinvolgimento di tutti gli interessati, parti sociali e rappresentanti sindacali. In questi due anni, in effetti, si era costruita una certa liaison con i sindacati riformisti – a cominciare dalla potente Cfdt (la Cisl francese) di Laurent Berger – favorevoli alla riforma, ma alla fine, come ha scritto Le Monde, il governo s’è comportato come Gribouille (personaggio della letteratura popolare, quel che da noi è lo scemo del villaggio) e ha mandato tutto all’aria dimostrandosi incapace di costruire un’alleanza con il sindacato riformista, intestardendosi (soprattutto Philippe) sulla cosiddetta “age pivot” (che allungherà di fatto l’età pensionabile da 62 a 64-65), salvando alcuni regimi speciali, allungando il calendario d’entrata in vigore della riforma e, alla fine, bloccando qualsiasi compromesso sul tema dell’equilibrio finanziario. Insomma, una “pétaudière”, un pasticcio come ha scritto Le Figaro.
Tutto questo ha fatto inviperire i francesi (che dal 5 dicembre 2019 hanno fatto 11 scioperi generali), reso incomprensibile quella che doveva essere “la madre di tutte le riforme”, ridato fiato al populismo (già ampiamente nutrito dai Gilet gialli) e, alla fine, costretto il macronismo ad andare allo scontro con le opposizioni (tutte, politiche e sociali) proprio alla vigilia delle amministrative del 15 marzo prossimo.
Infettivologia e politica vanno di pari passo. Nella Francia che prova a esorcizzare il Coronavirus leggendo “La Peste” di Camus (le vendite sono cresciute del 40% in questi ultimi giorni), che non chiude scuole (solo 120 istituti nelle zone rosse), cinema, stadi e teatri, che prova a vivere normalmente (ieri un paziente infetto ma non grave è stato rimandato a casa in metropolitana ma “con guanti e mascherina” ha fatto sapere l’ospedale Bichat di Parigi dov’era ricoverato); in questa Francia è come se un Coronavirus populista avesse attaccato le basi stesse del macronismo (e della democrazia parlamentare).
“È grave?” chiede un paziente, nella vignetta di Plantu sulla prima pagina di Le Monde, al medico che gli ha misurato la pressione arrivata, guarda un po’, al livello di 49.3. Come a dire che nella politica francese ci sono virus che possono fare più male del Coronavirus.
Fonte: uffpost