responsabilità di Salvini e ruolo del Governo Conte

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Era inevitabile.

Era inevitabile che l’ex ministro dell’Interno Salvini si trovasse a un passo dall’essere processato con l’accusa di plurimo sequestro aggravato di persona.
Era inevitabile che – dopo quanto accaduto nelle vicende Diciotti, Sea Watch, Gregoretti e, infine, Open Arms –  l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini fosse chiamato a rispondere del proprio reiterato operato, ben lontano dall’essere giustificato da motivazioni di opportunità politica e assolutamente sindacabile “sotto un profilo di pura legalità”, così come fermamente sostenuto dal Tribunale dei ministri di Catania e dal Tribunale dei ministri di Palermo in ognuna delle Richieste di autorizzazione a procedere in giudizio nei suoi confronti.

Era inevitabile che – dopo i plurimi “avvertimenti” pervenuti su più e variegati fronti dalla magistratura ordinaria (nel caso “Sea Watch 3” il Tribunale penale di Palermo dispone il dissequestro della nave) e anche da quella amministrativa (nel caso “Open Arms” il Tar Lazio si pronuncia con un provvedimento di sospensione del decreto interministeriale emesso da Salvini di concerto con i Ministri della Difesa e dei Trasporti, per “violazione delle norme di diritto internazionale in materia di soccorso”) – l’ex ministro dell’Interno Salvini fosse chiamato a dar conto di una mai interrotta campagna elettorale, che ha sortito i suoi effetti più importanti e gravosi proprio su coloro che non possono votarlo.

Ma iniziamo dalla fine.

Caso Open Arms. L’ex ministro dell’Interno Salvini, forte del neonato Decreto Sicurezza Bis, l’1 agosto 2019, tenta di fermare la corsa della nave battente bandiera spagnola con decreto emesso di concerto con i ministri della Difesa e dei Trasporti, di divieto di ingresso, transito e sosta nel mare territoriale nazionale.

Non ci riesce: i migranti sbarcano il 20 agosto 2019, per effetto di un decreto di sequestro preventivo della nave in via d’urgenza disposto dalla Procura del Tribunale di Agrigento.

Il decreto interministeriale di divieto di ingresso, già sospeso dal TAR Lazio con provvedimento d’urgenza, è stato poi riconosciuto come non legittimo dal Tribunale dei ministri di Palermo nella domanda di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini.

Caldeggiato dall’ex ministro dell’Interno come rilevante elemento di novità nella vicenda -di fatto assolutamente non determinante nella sua risoluzione- il  Decreto Sicurezza Bis ha formalmente previsto il potere del ministro dell’Interno – Autorità nazionale di pubblica sicurezza – nell’esercizio delle funzioni di coordinamento e nel rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia, di limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale per motivi di ordine e sicurezza pubblica o nelle condizioni di cui all’art. 19 della Convenzione di Montego Bay e, cioè, nei casi di immigrazione illegale.

Tuttavia, secondo il Tribunale dei ministri, nella vicenda Open Arms, non sono ravvisabili né motivi di ordine e sicurezza pubblica, né le condizioni di cui all’art. 19 della Convenzione di Montego Bay e, cioè, casi di immigrazione illegale.

Peraltro, la norma riconosce tale potere a esclusione che si tratti di “naviglio militare o di navi in servizio governativo”; ragione per cui, neanche nella vicenda Gregoretti poteva essere legittimamente esercitato (come per altro espressamente riconosciuto dal Tribunale dei ministri di Catania), stante la natura di “naviglio militare” della Gregoretti.

Di fatto, quindi, alcuna effettiva rilevanza ha assunto il Decreto Sicurezza Bis né nella vicenda Gregoretti, né nella vicenda Open Arms.

E, in effetti, alcuna necessità ha avuto l’ex ministro dell’Interno Salvini di affidarsi ai nuovi parametri di legittimità stabiliti dal Decreto Sicurezza Bis, da lui tanto decantato, continuando a operare, così come accaduto nella vicenda Diciotti (ben anteriore al Decreto Sicurezza Bis), in difformità alla normativa internazionale e nazionale e ben lontano dalla garanzia di non “sindacabilità” dell’azione politica come sostenuto dal Tribunale. 

Nel caso Gregoretti, la condotta – chiaramente riconosciuta come illegittima dal Tribunale dei ministri e sulla quale potrà pronunciarsi anche la giurisdizione ordinaria soltanto a seguito della autorizzazione a procedere del Senato – è aggravata dalla circostanza che la nave “Gregoretti”, a differenza della nave “Diciotti”, non è un natante attrezzato per le operazioni di soccorso in mare.

La “Gregoretti”, pertanto, non è in grado di “ospitare” un elevato numero di persone e dunque sicuramente non poteva a lungo “ospitare” i 135 migranti soccorsi nella mattina del 26 luglio 2019, molti dei quali affetti da malattie infettive.

Ma li ha “ospitati”, per ben cinque giorni. Di ognuna di queste condotte è ora chiamato a rispondere. Lui, unicamente.

Eppure, al di là delle accuse, sollevate dall’ex ministro Salvini nella propria memoria innanzi alla Giunta per l’autorizzazione a procedere nei confronti del premier Conte, volte a far emergere la condivisione di intenti fra il governo e lo stesso Salvini in merito alla necessità di intervento dei Paesi europei nell’accoglienza dei migranti, è bene chiedersi quale ruolo abbia effettivamente avuto – o comunque avrebbe dovuto avere – il governo. Più precisamente il presidente del Consiglio Conte, in tutte le vicende citate, dalla vicenda Diciotti alla vicenda Open Arms.

È, infatti, quantomeno ragionevole domandarsi se vi fosse in capo al presidente del Consiglio – ravvisata l’illegittimità della condotta di Salvini – un dovere d’intervento e se la scelta di non intervenire possa, al pari della condotta dell’ex ministro dell’Interno, esser ritenuta colpevole e conseguentemente quale potrebbe essere la posizione del premier Conte in relazione al processo penale a carico di Salvini, sempre più vicino all’essere iniziato


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